L’ articolo del prof. Guido Lucarno è tratto dagli Atti del Convegno Nazionale “ Luoghi e Tempi della Cartografia” del 20,21,22 aprile 2005, pubblicato nel dicembre 2005 dal Bollettino dell’Associazione Italiana di Cartografia. Guido Lucarno (Università di Genova) LA TOPONOMASTICA COME AFFERMAZIONE DELLA SOVRANITA’ NAZIONALE: IL CASO DELLA VAL ROIA (ALPI MARITTIME) LE VARIAZIONI DELLA TOPONOMASTICA NEI TERRITORI SOGGETTI A CAMBIAMENTO DI SOVRANITA’
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I casi di
territori che, passati da uno Stato ad un altro in seguito a guerre o
trattati internazionali, hanno mutato tutta o parte della toponomastica
sono numerosi. Le modifiche confinarie verificatesi in Europa nel corso
del XX secolo hanno cambiato non solo la nazionalità di milioni di
abitanti, ma anche i nomi geografici, quasi a voler scongiurare il
pericolo che il nuovo assetto territoriale potesse essere rimesso in
discussione, allo scopo di cancellare il ricordo della loro precedente
appartenenza ad una cultura diversa. In Italia rilevante è stato il caso
della provincia di Bolzano in cui, dopo il 1918, i toponimi tedeschi sono
stati tutti sostituiti, in base alla proposta di Ettore Tolomei, da
termini italiani in maggioranza desueti o di nuova coniazione1.
Ancora il Governo fascista provvide, nel 1939, a italianizzare in Valle d’Aosta
tutti i toponimi francesi che, peraltro, pochi anni dopo, in seguito alla
costituzione della Regione Autonoma, sarebbero stati reintrodotti abolendo
quelli italiani. Dopo la seconda guerra mondiale l’Italia subì la
perdita di alcuni territori lungo i confini delle Alpi orientali ed
occidentali. Nel primo caso furono cedute alla Jugoslavia l’Istria ed
altre aree abbastanza ampie del Friuli e della Dalmazia la cui
toponomastica, peraltro spesso già bilingue prima del 1918, subì un
totale cambiamento senza opposizione da parte di una popolazione che nel
frattempo era stata parzialmente epurata attraverso un processo di “pulizia
etnica” ante litteram e l’emigrazione più o meno forzata di gran
parte della componente italofona. In seguito al trattato di Parigi del 10
febbraio 1947 anche il confine italo-francese subì in più punti, a
titolo di risarcimento per danni di guerra, una rettifica che tuttavia
interessò territori montuosi di modesta estensione, il più delle volte
disabitati. Nelle Alpi Marittime, in corrispondenza del confine con le
province di Cuneo ed Imperia, le rettifiche furono invece più consistenti2:
nella Val Roia ed in quelle confluenti (Vallon de la Gordolasque, Vallée
des Merveilles, Vallée de Casterine, Vallon de Réfrei), i centri abitati
di Tende e di La Brigue (con le rispettive frazioni) e, più a sud, lungo
il confine con la Liguria, quelli di Piene e Libre, già appartenenti al
Comune di Olivetta San Michele, comprendevano invece circa 5.000 persone3.
Anche in questo caso la toponomastica fu interamente mutata, ma non
corrispose né ad una preesistente versione francese, né alla reale
appartenenza linguistica e culturale degli abitanti alla nuova nazione.
FASI E PROBLEMI DELL’ANNESSIONE DELLA VAL ROIAALLA FRANCIA Il Fiume Roia
nasce dal Colle di Tenda e, dopo una cinquantina di chilometri, sfocia nel
Mar Ligure a Ventimiglia. I settori settentrionale e centrale della sua
valle sono passati dall’Italia alla Francia attraverso un processo
politico durato quasi un secolo. Già facente parte del Regno di Sardegna,
nel 1860 la Val Roia fu smembrata in applicazione degli accordi con l’Impero
Francese seguiti agli eventi che, nei mesi precedenti, avevano portato all’intervento
di Napoleone III nella guerra contro l’Austria4. I motivi
dell’anomalo tracciato del confine, che divideva in tre settori la valle
attribuendone solo quello centrale alla Francia, devono essere ricercati
nell’appartenenza dell’immediato retroterra di Ventimiglia al
circondario di San Remo, rimasto al Regno di Sardegna, mentre la media e
alta valle facevano parte del circondario di Nizza, oggetto del trattato
di cessione. Tuttavia, mentre i territori di Breglio, Fontano e Saorgio
seguirono i destini del capoluogo nizzardo, l’alta valle, con i comuni
di Tenda e di Briga Alta, interessati dalla presenza di riserve di caccia
reali e da opzioni di carattere militare da parte del Governo italiano,
rimasero sotto la sovranità sabauda5. I nuovi confini furono
quindi tracciati senza tenere conto né dei sentimenti nazionali della
popolazione, né dei vincoli economici e culturali che la legavano all’Italia
o alla Francia. In seguito alla sconfitta dell’Italia nella seconda
guerra mondiale, con il trattato di pace la Francia acquisì, dal 16
settembre dello stesso anno, altri due settori della valle, spostando
il confine settentrionale fino allo spartiacque del Colle di Tenda, mentre
modeste rettifiche furono apportate anche nella bassa valle e le
conseguirono l’annessione di gran parte del Comune di Olivetta e di
piccole porzioni di altri comuni. Il mese seguente l’annessione fu
legittimata dall’esito favorevole di un plebiscito6, tenutosi
dopo che l’opposizione filoitaliana era stata messa a tacere con atti
intimidatori o costretta all’esilio7. L’operazione era
stata preparata, a partire dal settembre del 1944, con la costituzione a
Nizza, grazie agli aiuti dei servizi segreti del Governo francese, di un
Comité de Rattachement, organizzazione politica sorta con il compito di
promuovere, in vista della vittoria degli Alleati, l’irredentismo e l’annessione
o, meglio, il “ricongiungimento” dei territori italiani della Val Roia
e delle relative popolazioni alla Repubblica Francese8. A
margine dell’episodio, di portata geopolitica limitata rispetto agli
eventi che contrassegnarono i primi anni del dopoguerra, ma anche scomodo
da ricordare per il rinunciatario atteggiamento del Governo italiano,
tanto che i libri di storia non ne fanno che qualche rara ed incompleta
menzione, è doveroso ricordare lo strascico di sofferenze morali e di
danni economici che accompagnò per anni una parte della popolazione dell’area,
costretta ad abbandonare i propri beni o a subire limitazioni della
libertà personale e delle attività di lavoro in seguito al nuovo assetto
confinario9. Il Rattachement, visto con favore da gran parte
della popolazione locale che sperava di ottenere dall’appartenenza alla
Francia migliori condizioni economiche rispetto a quelle prospettate
continuando a far parte dell’Italia sconfitta, non fu comunque dettato
da motivazioni di carattere linguistico o da sentimenti di effettiva
appartenenza alla nazione francese10. Infatti, se fin dalla
metà dell’Ottocento parte della popolazione mostrava un atteggiamento
moderatamente filo-francese, in quanto economicamente gravitante verso il
Nizzardo in cui avveniva un’emigrazione stagionale in cerca di lavoro,
dal punto di vista linguistico i Tendaschi appartengono all’area
ligure-piemontese occidentale, mentre i Brigaschi parlano la lingua
occitana che li accomuna ad altre popolazioni del Piemonte occidentale11.
Il brigasco è infatti un idioma provenzale che conserva un substrato
ligure antico cui si sono sovrapposte voci derivanti dal francese, dai
dialetti liguri attuali, dal piemontese e persino influssi dall’arabo e
dal turco12. Per gli abitanti dei due comuni l’apprendimento
delle lingue seguiva l’ordine in cui si verificavano i contatti
economici, culturali e sociali con le regioni esterne: dato il basso
livello di scolarizzazione ancora esistente nell’Ottocento, il dialetto
era pressoché l’unico idioma utilizzato nell’infanzia. Nell’adolescenza,
con i primi spostamenti migratori verso la Costa Azzurra, avveniva l’assimilazione
della lingua francese. Il contatto con l’italiano si verificava per
ultimo, in occasione dei primi rapporti con la burocrazia e la Pubblica
Amministrazione dello Stato sardo e del Regno d’Italia o, nella maggior
parte dei casi, durante il servizio militare di leva. Le simpatie della
popolazione per la Francia o per l’Italia erano comunque dettate da
motivazioni di ordine economico e pratico più che da un effettivo
sentimento di appartenenza ad una delle due nazioni o culture. Lo dimostra
il fatto che, fino alla seconda guerra mondiale, non si manifestarono
episodi irredentisti, né nei territori ceduti alla Francia nel 1860, per
reclamare un ritorno alla sovranità italiana, né a Tenda ed a Briga, per
rivendicare l’appartenenza alla nazione francese. LA FRANCESIZZAZIONE
FORZATA DELLA TOPONOMASTICAIN VAL ROIA: UN’OPERAZIONE POLITICA PRIVA DI
PRESUPPOSTI STORICI Dal 1947 la Val Roia subì un rapido processo di
francesizzazione13 a cominciare dalla toponomastica. Ci si
chiede tuttavia se l’adozione dei nuovi termini sia stata conforme a
preesistenti fonti scritte e orali o sia stata apportata in maniera
arbitraria e frettolosa. La risposta può venire da una cartografia
risalente ad epoche diverse che possa testimoniare l’eventuale esistenza
di una terminologia francese. La nostra indagine a campione tra i numerosi
documenti anteriori al primo smembramento della valle parte dalle
carte di Matteo Vinzoni (1690-1773), ufficiale e cartografo della
Repubblica di Genova, autore de Il Dominio della Serenissima Republica de
Genova in Terraferma14, pubblicato nell’anno della sua morte.
Alla prima tavola, denominata Stato della Serenissima Republica di Genova
con li Stati, e Feudi Imperiali Intermedj e Adiacenti, la valle è
descritta sommariamente tra i territori situati oltre i confini della
Repubblica e riporta pochi toponimi, tutti comunque italiani: Tenda,
Briga, S. Dalmatio, Saorgio, Breglio, Penna (Piena), Lago delle Meraviglie
e, nella confluente Val Bevera, Molinetto e Sospello. Tenda e Breglio
compaiono anche nella carta generale di Francia del Nuovo Atlante di
Geografia Universale in 52 carte del Cav. Luigi Rossi15
pubblicato a Milano da Batelli e Fanfani nel 1820 mentre il coevo Atlante
Generale dell’Abate Bartolommeo Borghi, Edito a Firenze nel 1819, alla
tavola 83 (Parte Meridionale delli Stati del Re di Sardegna) comprende,
oltre ai predetti, i toponimi italiani di Penna, Saorgio e Briga. Si
potrebbe obiettare che i tre esempi, essendo opere divulgative di
produzione italiana, riportino la toponomastica di uso più comune presso
il pubblico cui erano rivolte. Neutrali e quindi più attendibili
dovrebbero quindi essere le pubblicazioni non italiane né francesi, come
l’atlante di Mattaüs Seuter16, pubblicato dal Figlio
Albrecht Karl nel 1762. Nella corografia della Francia meridionale, che
comprende la Contea di Nizza, esso riporta numerosi toponimi (Cont° di
Tenda, Col de Fenetre, La Briga, Tenda, Saorgio, Breglio, Penna, Sospello,
Chiandola, M. Toraggio) ed idronimi (Laghi delle Meraviglie, Roia Fl.,
Bisogna Fl.) italiani, ma non ne compaiono altri in francese. Più di
parte sarebbero da considerare le opere francesi, come l’Atlante di
Crepy e Nolin, probabilmente del 175117 che riporta infatti
solo due toponimi, entrambi francesi (Tende e Sospel), in una carta
generale di Francia a carattere divulgativo in cui peraltro anche Cuneo
subiva la francesizzazione in Coni. Lo stesso atlante, tuttavia, alla
tavola denominata La partie meridionale des Estats du Duc de Savie etc. ou
est compris presque tout le Piemont, le duché de Montferrat entier, avec
la partie occidentale de la Republique de Genes, etc., francesizza un paio
di nomi idrografici ed orografici (Lacs des Merueilles, Col de Tende), ma
rispetta la forma italiana di altri (Brogna R., Liuenza R., Roia R., M.
Toraggio) e di quasi tutti i centri abitati (La Briga, Saorgio, Broglio,
Chiandola, Penna), con l’eccezione di Tende. E’ riportata anche la
posizione, ad est di La Briga, di Madonna di Fontana, un edificio di culto
sicuramente corrispondente alla chiesa di Notre Dame des Fontaines, oggi
meta di un turismo religioso e culturale, nota come la “Cappella Sistina
delle Alpi” per i celebri affreschi del Canavesio sul Giudizio
Universale (1492). Sulla legittimità dei termini francesi occorre
tuttavia osservare che l’atlante non esita a modificare sia un certo
numero di località italiane più conosciute, come Alexandrie, Turin,
Milan, Casal, Carmagnole, sia idronimi meno noti come Tanare, Doire, ecc.
Più imparziale appare infine l’Atlas Universel de Géographie Ancienne
et Moderne di Monin e Fremin18, di qualche anno successivo al
Congresso di Vienna, ricco di toponimi in Val Roia. Accanto a un solo nome
francese (Col de Tende), numerosi sono quelli italiani (la Ca, Framosa,
Torno, Camounaira, Castrino, Amponte, Tenda, Briga, Berga d’Isa, Aresse,
Cabanera, Saorgio, BIBLIOGRAFIA AA. VV., Les Alpes Maritimes et la frontière. 1860 à nos jours. Ruptures et contacts, Actes du Colloque de Nice, janvier 1990. Centre d’Histoire du Droit, Université de Nice - Sophia Antipolis. Coll. Actual Edit. Serre, 1991. F. BARTALETTI, Geografia, toponomastica e identità culturale: il caso del Sudtirolo, in “Miscellanea di storia delle esplorazioni XXVII”, Genova. 20021, pp. 271-314. F. BARTALETTI, Un atto di coraggio per l’Italia: abolire i toponimi italiani introdotti dal fascismo in Alto Adige- Südtirol, in “Studi geografici in onore di Domenico Rocco” (a cura di F. Citarella), Napoli, Istituto di Geografia dell’Università di Genova, Vol. II, 1994, pp. 619-630. BELTRUTTI, Briga e Tenda. Storia antica e recente, Bologna, 1954. C. GARNIER, Deux patois des Alpes Maritimes Italiennes. Grammaires et Vocabulaires mèthodiques des idiomes de Bordighera et de Realdo, Paris, Editeur Ernest Leroux, 1898. C. GARNIER, Grammatica e Vocabolario metodico dell’idioma di Realdo - Terra Brigasca, Arma di Taggia, Edizioni “A Vastera”, 1995. W. HOERSTEL, La val Roia, (1890), in “R nì d’àigura”, Genova, N. 8, 1987, N. 9-10, 1988. A. LANTERI, Modificazioni del confine italo-francese nelle Alpi Marittime a seguito del Trattato di Pace del 10.2.1947. Considerazioni e prospettive dopo quarant’anni, in “A Vastera”, N. 9, 1988, pp. 12-14. L. LANTERI, Richiami d’oriente sulle Alpi Marittime. Voci dall’Arabo e dal Turco nel Brigasco, in “A Vastera”, San Remo, N. 11-12-13, 1983. M. LENGEREAU, Une secession manquée. Recherche sur les rapports entre la France et la Val d’Aoste 1943- 1952 d’après des documents d’archives français inédits, Aoste, Musumeci Editeur, 1984. G. LUCARNO, Alpi marittime: territori contesi e scomparsa di una identità etnico-linguistica, in “Il Ponte”, Rivista di politica, economia e cultura fondata da Piero Calamandrei, Firenze, anno LIII, N° 12, dicembre 1997, pp. 49-68. G. LUCARNO, Historical inheritance and border problems in the Provençal Brigasque area (Maritime Alps), in “Memorie della Società Geografica Italiana”, Volume LXIII, “On the Centenary of Ratzel’s Politische Geographie. Europe Between Political Geography and Geopolitics”, Roma, Società Geografica Italiana, 2001, pp. 367–389. P. MASSAIOLI, R. MORIANI, Dizionario della Cultura Brigasca, Alessandria, 1992. J. MINGHI, Boundary Landscapes in Europe: From Contexts of War to Prospects for Peace, in “Regioni e regionalizzazioni d’Europa”: oltre il 1993, a cura di E. Manzi, Pavia, 1991. L. PASTORELLI, La Brigue au coeur, Nice, 1987. A.L. SANGUIN, La bordure Franco-Italienne des Alpes-Maritimes ou les conséquences de la modification d’une frontière internationale, in “Méditerranée, Revue géographique des pays méditerranèens”, Aix-Marseille- Avignon-Nice, N° 1, 1983, pp. 17-25. D. RUMLEY, J. MINGHI, The Geography of border landascapes, Routledge, Londra, 1991. G. VIGNOLI, I territori italofoni non appartenenti alla Repubblica Italiana, Milano, Giuffrè, 1995.
Note 1 Sulle modifiche toponomastiche in Alto Adige nel primo dopoguerra v. F. BARTALETTI, Un atto di coraggio per l’Italia: abolire i toponimi italiani introdotti dal fascismo in Alto Adige-Südtirol, in “Studi geografici in onore di Domenico Rocco” (a cura di F. Citarella), Napoli, Istituto di Geografia dell’Università di Genova, Vol. II, 1994, pp. 619-630 e Geografia, toponomastica e identità culturale: il caso del Sudtirolo, in “Miscellanea di storia delle esplorazioni XXVII”, Genova. 2002, pp. 271-314. 2 Esse interessarono il colle del Piccolo San Bernardo (3,22 kmq), la conca del Moncenisio (81,29 kmq), la Valle Stretta nel comune di Bardonecchia, la valle del Rio Secco (Monginevro) nel comune di Clavière (17,09 kmq), la valle di Ciriegia ed infine, nelle Alpi Marittime, i valloni di Chastillon e di Molières, tributari del bacino imbrifero del Tinée, i valloni di Saléses, di Borfon e di Fenetre, appartenenti al bacino del Vesubie, e due settori della Val Roia, per complessivi 560,33 kmq (G. VIGNOLI, I territori italofoni non appartenenti alla Repubblica Italiana, Milano, Giuffrè, 1995, p. 111). 3 Al termine del conflitto, la Francia aveva esteso la richiesta di compensi territoriali a tutto il bacino del F. Roia, ma il fermo rifiuto da parte della popolazione di Ventimiglia di indire in tal senso un plebiscito impedì la realizzazione del disegno, limitando alla provincia di Cuneo (comuni di Tenda e Briga Marittima) le più consistenti modifiche confinarie. 4 Si tratta degli accordi segreti di Plombières del luglio 1858. L’annessione alla Francia, avrebbe dovuto essere formalmente sancita con un referendum da parte delle popolazioni interessate. 5 A Breil (media Val Roia), ancora alla fine dell’Ottocento, una parte della popolazione percepiva gli eventi del 1860 come un atto di “vendita” alla Francia dettato da soli motivi politici e non suffragato da un autentico sentimento di appartenenza alla nazione francese (W. HOERSTEL, La val Roia, 1890, in “R nì d’àigura”, Genova, N. 8, 1987, N. 9-10, 1988, p. 27). 6 I risultati del referendum furono i seguenti: a Tenda 1.445 voti favorevoli all’annessione alla Francia, 76 contrari, 17 schede nulle; a Briga 759 favorevoli, 26 contrari, 41 astenuti, 5 schede nulle. 7 Ricordiamo a questo proposito il conte Guido d’Alberti di Briga, arrestato ed esiliato in Italia fino al 1954 per la sua opposizione all’annessione alla Francia. 8 Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, i membri più importanti del Comitato erano tutte personalità di spicco della vita politica, civile e religiosa nizzarda, non originari dei centri della valle, cui si affiancavano, in secondo piano, rappresentanti dei comuni oggetto dell’iniziativa, mentre solo a guerra terminata comparvero in un ruolo di maggiore rilievo anche elementi politici locali, soprattutto Brigaschi. Tra gli esponenti più importanti figuravano Monsignor Rémond, vescovo di Nizza, e i signori Dugelay, Conservatore delle Acque e Foreste, Hancy, Presidente dello Ski-Club, Jordan, Presidente dell’Academia Nissarda, personalità estranee alla politica ed al territorio della Val Roia (L. PASTORELLI, La Brigue au coeur, Nice, 1987, p. 246). 9 Sugli eventi e le ripercussioni economiche di quegli anni si veda: G. LUCARNO, Alpi marittime: territori contesi e scomparsa di una identità etnico-linguistica, in “Il Ponte”, Rivista di politica, economia e cultura fondata da Piero Calamandrei, Firenze, anno LIII, N° 12, dicembre 1997, pp. 49 – 68 e Historical inheritance and border problems in the Provençal Brigasque area (Maritime Alps), in “Memorie della Società Geografica Italiana”, Volume LXIII, “On the Centenary of Ratzel’s Politische Geographie. Europe Between Political Geography and Geopolitics”, Roma, Società Geografica Italiana, 2001, pp. 367 – 389. 10 I motivi ispiratori delle rettifiche confinarie, quasi ovunque giustificate dalla opportunità di annettere regioni francofone, o pretese come tali, furono in realtà dettati dalla volontà di appropriazione dei territori e dei relativi beni e, nella fattispecie della Val Roia, delle numerose centrali idroelettriche che prima della guerra fornivano gran parte del fabbisogno energetico dell’intera Liguria. 11 Tracce della civiltà occitano-provenzale si ritrovano in numerose valli alpine del Piemonte (Valli Ellero, Pesio, Vermenagna, Gesso, Grana, Maira, Varaita, Chisone, Valli del Po e di Susa) e, più a nord, anche in Valle d’Aosta. In Liguria tracce minori sono riconoscibili nella bassa Val Roia (Olivetta San Michele, Airole, Libri) e nei comuni di Rocchetta Nervina, Pigna e Triora. 12 Per gli influssi di altre lingue sull’occitano brigasco v. L. LANTERI, Richiami d’oriente sulle Alpi Marittime. Voci dall’Arabo e dal Turco nel Brigasco, in “A Vastera”, San Remo, N. 11 - 12 - 13, 1983. 13 Fin dal 1947 l’insegnamento della lingua italiana scomparve dalle scuole della valle e fu sostituito da quello del francese. Contemporaneamente l’uso dell’italiano nei rapporti pubblici fu completamente abolito e rimase circoscritto ai soli ambiti privato e familiare. 14 V. la ristampa anastatica della CIELI, Genova, 1955. 15 Membro dell’I.R. Istituto di Scienze, Lettere ed Arti e della R.I. Accademia. 16 Georg Mattaüs Seutter il vecchio (1678-1757), cartografo ed editore, lavorò a Vienna ed Augsburg e fu autore, a partire dal 1710, di diversi atlanti. 17 Pubblicato da “Longchamp et Janvier, Geographes, Rue St. Jacques, Paris”. 18 Pubblicato a Parigi, presso Binet, Rue Aubry-le-Boucher, N. 34, in data non indicata. Charles V. Monin, geografo, fu attivo a Caen e Parigi fra il 1830 ed il 1880, pubblicando alcuni atlanti; A.R. Fremin, geografo ed editore a Parigi, allievo di Poirson, pubblicò con Donnet l’Atlas de France nel 1844. 19 Copia dell’Atlante è conservata presso la biblioteca della cattedrale di Durham, Inghilterra. Johnston, “Geographer to the Queen for Scotland”, fu membro della Royal Society di Edimburgo e delle Società Geografiche di Londra, Parigi, Berlino e Vienna. 20 F. BARTALETTI, Geografia, toponomastica e identità culturale: il caso del Sudtirolo, cit., p. 284. 21 Anche le lapidi ed i monumenti in memoria dei caduti in guerra non sono stati risparmiati, come quello eretto a Briga al colonnello Giovanni Pastorelli, morto in Libia nel 1911, il cui nome di battesimo è stato modificato in Jean, caduto in un non meglio precisato camp d’honneur. Per citare un altro esempio, la lapide ai caduti della prima guerra mondiale, murata all’esterno della chiesa della frazione di Libri è stata cambiata: modificando nomi ed iscrizione commemorativa, risulta che essi siano morti pour la Patrie, dimenticando che combatterono indossando l’uniforme dell’esercito italiano. 22 Persino le tracce del vecchio confine sono state cancellate con una meticolosità ossessiva, quasi a voler negare che i territori fossero mai stati italiani. A sud di Breil, nel punto in cui la strada statale e la ferrovia rientravano un tempo in territorio italiano, sorgeva Piena Bassa, un piccolo centro sede dei servizi di frontiera. Completamente abbandonato, Piene Basse è oggi un paese fantasma che sopravvive solo sulle carte topografiche: tutti gli edifici stanno crollando e la loro primitiva funzione è quasi irriconoscibile. Anche sul fabbricato dell’ex stazione ferroviaria l’iconoclastia anti italiana si è accanita scrostando le vecchie insegne dai muri degli uffici e delle sale un tempo aperte al pubblico: Nella ex sala d’aspetto, nell’impossibilità di strappare gli orari ferroviari incollati ai quadri murari, essi sono stati bruciati. Tuttavia sui margini anneriti, ma non del tutto consunti dall’azione del fuoco è ancora possibile riconoscere l’intestazione “Ministero delle Comunicazioni”, con lo stemma sabaudo, ed una data inquietante: “maggio 1940”: pochi giorni dopo sarebbe iniziata la guerra. 23 Solo a San Dalmazzo di Tenda, frazione sviluppatasi nel primo dopoguerra in seguito all’immigrazione stabile delle famiglie delle maestranze che avevano collaborato alla costruzione della ferrovia, provenienti da diverse regioni italiane, l’uso della lingua originaria si è ancora mantenuto vivo almeno fino a non molti anni fa. 24 Ancora nel 1947 Briga Marittima era un comune della provincia di Cuneo che contava circa 1.500 abitanti e si estendeva su tre distinti bacini imbriferi: quello del T. Levenza, affluente di destra del F. Roia, l’alto corso del T. Argentina, che, con uno sviluppo di circa sessanta chilometri, sbocca nel Mar Ligure in prossimità di Arma di Taggia, e, separata dallo spartiacque principale delle Alpi Marittime, l’alta Valle del Tanaro, tributario del bacino padano. 25 Per la toponomastica italiana si fa riferimento alla carta dell’IGM alla scala 1:100.000 edizione 1911, fogli 23 (Cuneo) e 29 (S. Remo- Porto Maurizio), per quella francese all’Atlante stradale d’Italia – Nord, Milano, TCI, sesta edizione 1981, tavola 59 e alle carte N. 8 e 14 alla scala 1:50.000 dell’Istituto Geografico Centrale, Torino, 1983. 26 Ringrazio il Prof. Antonio Lanteri, sindaco di Triora (Im), per aver fornito la versione occitana della toponomastica. La lettera ë è muta, mentre la s si pronuncia come il gruppo sc nell’italiano “scena”. |